Il boicottaggio diplomatico di Pechino 2022 non ha funzionato: perché?

boicottaggio olimpiadi pechino 2022

Il boicottaggio diplomatico di Pechino 2022 non ha funzionato: perché?

È inutile girarci attorno, dobbiamo prendere il toro per le corna: il boicottaggio diplomatico delle Olimpiadi di Pechino 2022 non ha funzionato – o per lo meno ancora oggi, con i Giochi in corso, non sta producendo gli effetti sperati. Segno che qualcosa è andato storto, anche perché l’opinione pubblica mondiale non dà risposte concrete neanche sui social media, spesso terreno fertile dove generare indignazione e polemica riguardo a determinati fatti legati alle violazioni dei diritti umani. Cosa sta andando storto?

Boicottaggio diplomatico di Pechino 2022: cosa non ha funzionato?

Prima di tutto, vale la pena sottolineare un fatto: la storia delle Olimpiadi è piena di boicottaggi tentati e mai andati a segno, per lo meno sul piano umanitario. Tra i diversi episodi, ricordiamo Mosca 1980, mediaticamente il boicottaggio più famoso, sportivamente il più colpito vista la bassa affluenza di nazioni partecipanti (80) a causa del ritiro coordinato di Stati Uniti d’America e altri 65 paesi. Il motivo? L’invasione dell’URSS in Afghanistan, che comunque non si arrestò neanche dopo l’insuccesso dei Giochi russi.

Ancora più indietro registriamo il tentato boicottaggio di Berlino 1936, nel periodo della Germania Nazista: scriviamo “tentato” poiché l’idea di far crollare i Giochi ospitati dal Paese tedesco era concreta, ma non fu mai attuata. Anche in quel caso si parlava di diritti umani: fermare le Olimpiadi avrebbe significato dare un segnale internazionale forte in merito alle notizie sulle persecuzioni ebraiche. Ma nulla fu messo in pratica, e l’evento si svolse come da programma.

Questi sono solo due dei tanti esempi che ci dimostrano come i rapporti tra i paesi non sono mai stati particolarmente incrinati dai boicottaggi (sportivi o diplomatici che siano). Sostanzialmente, il segnale è stato inviato, ma mai veramente raccolto: è stato lanciato il sasso, ma nessuno ha visto dove sia caduto. È così a vincere è stata l’indifferenza, l’ignoto, l’oblio: elementi che di certo non aiutano l’opinione pubblica internazionale a sollevarsi in difesa di un’ideale umanitario.

Perciò alla base della sconfitta del boicottaggio diplomatico delle Olimpiadi di Pechino 2022 c’è un fattore genetico dato dalla storia. In passato questo strumento veniva utilizzato persino in maniera più incisiva, con il ritiro degli atleti: nonostante ciò, sul piano internazionale non ha mai influito in modo pesate. Dunque come possiamo aspettarci che decisioni politiche più “soft” possano determinare cambiamenti epocali? Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: i Giochi di Pechino 2022 proseguono senza registrare grandi iniziative in difesa degli uiguri e dei tibetani (sperando che comunque nei prossimi giorni qualche voce si sollevi).

Se il boicottaggio delle Olimpiadi di Pechino 2022 non ha funziona, da dove possiamo ripartire?

Ci sono diversi ostacoli che probabilmente determinato l’inutilità del boicottaggio. Innanzitutto, la coesione politica, sociale e umanitaria dei paesi: di fatto le nazioni non riescono ad allinearsi all’unisono attorno queste tematiche. Spesso una decisione che coinvolge rapporti internazionali tengono conto di altre questioni, come quelle commerciali, che spesso incidono su qualsiasi scelta, chiudendo un occhio nei confronti della difesa dei diritti umani. Superare questo scoglio a oggi sembra particolarmente difficile.

Un altro limite da superare è la soluzione di compromesso. I Giochi olimpici sono il sogno di qualsiasi atleta, ed è giusto e sacrosanto non limitare la partecipazione all’evento – soprattutto per responsabilità di altri. Tuttavia spesso ci dimentichiamo che siamo di fronte a discriminazioni difficili da ignorare, e che essere mediaticamente sotto i riflettori dovrebbe essere l’occasione giusta per ribaltare il senso del discorso: sì, le Olimpiadi sono il sogno di una vita, ma c’è qualcosa di più nevralgico da difendere, come la libertà collettiva.

E qui veniamo all’ultimo muro da abbattere, collegato al punto precedente: l’articolo 50 della Carta Olimpica andrebbe rivisto. Impedire ai partecipanti di manifestare le proprie credenze politiche aiuta sicuramente a separare il mondo sportivo da tutto il resto, però bisognerebbe creare un corridoio che permetta – a chiunque lo volesse – di lanciare messaggi di difesa umanitaria sempre e comunque. Perché le Olimpiadi e le Paralimpiadi sono scenari mondiali necessari per veicolari ideali positivi come l’equità e il rispetto dei popoli, per dare valore proprio allo stesso spirito olimpico: è inutile creare un alone di perbenismo sportivo, dove tutti si vogliono bene, se poi il paese ospitante è caratterizzato da numerose notizie su violazioni dei diritti umani. È un controsenso sportivo, sociale e umanitario. A che serve portare avanti questa pantomima?

Leggi anche: L’Italia dimentica i diritti umani: no al boicottaggio di Pechino 2022

Articolo di Angelo Andrea Vegliante