La Nuova Via della Seta è un progetto commerciale e infrastrutturale cinese dalle numerose perplessità. Già da tempo, Aref International Onlus documenta i dubbi e le conseguenze (spesso disastrose per l’ecosistema globale) nati attorno tale progetto, già realizzatosi in diversi Paesi del mondo, anche attraverso la rivista THAIS (nel numero 2, pagine 40-43, e nel numero 8, pagine 8-17) . Ripercorriamo brevemente le tappe principali di questo lavoro – che riguarda direttamente anche l’Italia.
Italia e Nuova Via della Seta: un accordo mai piaciuto all’Europa
Siamo all’inizio dell’autunno 2018 e alcuni esponenti del Governo Conte 1 mostrano forte interesse per nuovi accordi commerciali con la Cina. In particolare, l’allora Ministro dell’Economia Giovanni Tria e l’allora il Ministro per gli Affari Europei Paolo Savona avevano aperto le porte a Xi Jinping. L’Europa, però, non ha mai visto di buon’occhio questa mossa. Basti pensare che, solo un anno prima, Francia e Germania avevano chiesto a Bruxelles di approvare norme contro gli investimenti stranieri.
Ma nulla è cambiato nell’agenda politica italiana. La Nuova Via della Seta avrebbe avuto come partner proprio l’Italia. Una prima fiammata arrivò il 22 marzo 2019, quando il presidente della Repubblica popolare cinese giunse in Italia per discutere diverse misure commerciali (tra cui il 5G). Un contesto da cui usciranno alcuni malumori tra M5S e Lega.
Tuttavia, prima Di Maio dal China International Import Expo e poi Giuseppe Conte da Roma avevano lanciavano messaggi rassicuranti all’Europa. L’obiettivo dell’Italia era “potenziare il nostro export verso un mercato di enormi dimensioni”, come disse il premier.
La Nuova Via della Seta causa disastri economici?
Si tratta di un quesito a cui, appunto, Giuseppe Conto ha provato a rispondere, ma senza convincere i più. Tant’è che, tempo prima, Michele Geraci, sottosegretario allo sviluppo economico del governo M5S-Lega, glissò il dibattito con una frase non proprio europeista: “Non dobbiamo preoccuparci della Cina, il nostro debito ce l’ha la Banca centrale europea“.
Eppure una leggera apprensione è lecita, se pensiamo alle economie di alcune nazioni coinvolte nella Nuova Via della Seta. Sri Lanka e Gibuti, ad esempio, hanno contratto una vera e propria “trappola del debito” con la Cina. E non sono i soli: osservate cosa sta accadendo in tutti i Paesi dell’America Latina che, in un modo o nell’altro, sono finanziariamente controllate da Pechino.
Problemi per l’ecosistema

Come se non bastasse, la Nuova Via della Seta sta causando ingenti grattacapi all’ecosistema globale. Non solo in America Latina, in particolare nella Foresta Amazzonica, ma anche in altre parti del pianeta. Nell’Artico è vivo più che mai il progetto della Via Polare della Seta, basato principalmente sulla realizzazione di una scorciatoia marina, regolata a sua volta sulla distruzione dei ghiacciai già corrosi dal cambiamento climatico.
A fargli compagnia, c’è anche l’Africa. Caso più eclatante riguarda il Bozoumgate: nella Repubblica centrafricana, infatti, diverse aziende cinesi stanno distruggendo l’ecosistema locale per sfruttamento minerario. Tra l’altro, si tratta di un disastro già annunciato dal missionario Aurelio Gazzera, con cui abbiamo avuto modo di parlare.
Non sappiamo come andrà a finire questa storia. Tuttavia, è bene prendere consapevolezza di un progetto commerciale planetario che potrebbe avere delle ripercussioni negative anche per il sistema italiano.
I momenti topici in Italia
Riguardo alla Nuova Via della Seta, in Italia ci sono stati due momenti topici che Aref International Onlus ha seguito. Il primo è la manifestazione andata in scena a Roma contro l’accordo con la Cina. Il secondo è la conferenza al Senato del 10 maggio 2019 su partenariato Italia-Cina.
Articolo di Angelo Andrea Vegliante