Pubblicato il nuovo White Paper sul Tibet

White Paper sul Tibet

Pubblicato il nuovo White Paper sul Tibet

Il nuovo White Paper sul Tibet, rilasciato il 10 novembre dal Consiglio di Stato Cinese, descrive un quadro tendenziosamente positivo della situazione in Tibet. Il documento non fa alcun riferimento ai progetti del partito in questa regione, alle boarding schools e ai programmi di rilocazione di massa che stanno avendo un enorme impatto sulla popolazione e sulla cultura tibetana.

Il documento è chiaramente destinato a un pubblico internazionale in vista dell’esaminazione della Cina a livello delle Nazioni Unite e mira a giustificare le azioni contro i tibetani più volte dichiarate contravvenenti alle leggi internazionali. Il White Paper è anche in contrasto con quanto espresso da Xi Jinping stesso al Politburo del PCC, dove il leader cinese ha parlato esplicitamente delle politiche di assimilazione nei confronti di tibetani e altri popoli.

I mezzi di indottrinamento di massa della popolazione tibetana sono definiti “campagne educative” e a salvaguardia della legge. Questo è fuorviante data l’assenza di un sistema giudiziario indipendente, di libertà di stampa e data la separazione dei poteri. Il titolo del documento è “Le Politiche del PCC sulla Governance dello Xizang nella Nuova Era: Approccio e Risultati”: il termine “Xizang” (nome cinese della regione tibetana) invece di “Tibet” suggerisce la legittimità del governo cinese sul territorio occupato e vuole allontanare l’idea di ingiustizia e violenza associata al Tibet e alla sua preziosa cultura.

ICT riguardo il White Paper

Questo il commento dell’International Campaign for Tibet sul White Paper: “Il White Paper offre un insight sulle strategie repressive e sull’ideologia assimilazionista del PCC, attraverso ciò che omette, il modo in cui manipola e reinterpreta i termini e attraverso quanto può essere letto tra le righe. Sottraendo l’evidente eccessiva edulcorazione, ciò che rimane è un popolo totalmente esposto a un regime che non comprende il valore della sua cultura, che non comprende il popolo tibetano, la sua religione, le sue tradizioni e le sue aspirazioni. Un testo così paternalistico di un regime autoritario a partito unico dovrebbe essere rifiutato da chiunque lo legga”.

Xi Jinping ha più volte sostenuto la necessità di rafforzare il sentimento comunitario di tutti i popoli che abitano il territorio cinese. Al Politburo il leader cinese ha “incoraggiato le popolazioni di ogni gruppo etnico a identificarsi con la cultura cinese” e per favorire ciò bisogna “promuovere e diffondere la lingua cinese standard parlata e scritta e l’uso di libri di testo statali unificati per garantire una comunicazione condivisa di cuore e anima attraverso il linguaggio”.
Per creare una nuova generazione di Tibetani sinizzati si sta assimilando l’intera fascia demografica giovanile. L’obiettivo del governo cinese è far sì che la nuova generazione di tibetani sia in grado di identificarsi solamente come cinesi fedeli alla nazione cinese.

Libertà religiosa

Nel White Paper si evidenzia qualche attività rituale marginale per mostrare che c’è libertà religiosa in Tibet, ma non c’è riferimento alla ben più importante trasmissione della filosofia religiosa ai discepoli, tradizione portata avanti dalla Comunità Tibetana in esilio. In più ignorando il fatto che storicamente l’istituzione del Dalai Lama va al di là dei confini geografici del Tibet e che alcuni Dalai Lama del passato non erano Tibetani, il White Paper afferma che “Dalai Lama e Panchen Rinpoche devono essere trovati all’interno del paese, scelti tramite estrazione a sorte dall’urna d’oro e devono essere approvati dal governo centrale”. In risposta il Dalai Lama ha dichiarato di essere l’unico con l’autorità di decidere in merito alla propria reincarnazione.

Il Tibet interdetto

Secondo il White Paper il popolo tibetano appoggia le politiche cinesi: “la natura reazionaria del Gruppo del Dalai Lama è stata esposta e denunciata, il governo regionale si affida alla collaborazione della popolazione di tutte le etnie per resistere a tutte le forme di separazione e sabotaggio. È ormai profondamente radicato nella popolazione dell’intera regione che l’unità e la stabilità sono una benedizione, mentre divisione e instabilità portano al disastro. Loro sono sempre più determinati a salvaguardare l’unità del paese, la sovranità nazionale e la solidarietà etnica.
Se questa fosse realmente la situazione in Tibet, la Cina dovrebbe porre fine alle sue politiche discriminatorie, permettere alla popolazione tibetana di avere un passaporto e di viaggiare, oltre che consentire a osservatori indipendenti di visitare il Tibet liberamente.
Un proverbio cinese recita: “vedere una volta è meglio che sentir dire cento volte”. Ad oggi tuttavia solo poche persone selezionate hanno potuto visitare il Tibet, sempre sotto stretto controllo statale.
Secondo Freedom House, nel 2023 il Tibet è il paese meno libero al mondo.

Qui l’articolo completo pubblicato da International Campaign for Tibet il 15 novembre 2023.