Il coronavirus Covid-19 – ribattezzato così dall’Oms – continua ad allarmare il mondo intero. E, mentre la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità promette l’arrivo di un vaccino “entro 18 mesi” (Repubblica), sconvolgimenti di tipo economico-sociale ricadono su ‘player’ di vario tipo. Non ultime le famiglie che hanno relazioni dirette con la Cina. È il caso, ad esempio, della famiglia De Fazio che, da diversi giorni, sta vivendo una situazione surreale in merito al rientro in Italia di un proprio componente.
Coronavirus, caso De Fazio: cosa sappiamo
Andiamo con ordine. Gabriele De Fazio è un giovane danzatore italiano romano. La sua passione è diventata ben presto un lavoro, che gli ha permesso di girare il mondo. Fino, appunto, al recente trasferimento in Cina, dove sono stati anche i suoi genitori. Per una serie di vicissitudini incredibili, però, Gabriele, dapprima tornato in Italia, si è ritrovato coinvolto nella vicenda del coronavirus. Mentre scriviamo queste righe, il giovane è ancora in quarantena a Kunming, con pochi soldi e i servizi della città paralizzati.
Al fine di comprendere approfonditamente cosa sta accadendo, abbiamo chiamato il padre del ragazzo, Roberto De Fazio. Non passa neanche un minuto dalla telefonata che, immediatamente, ci arrivano parole confortanti: “In una nota la Farnesina dice che forse c’è una tratta sicura per la Malesia. Quindi, forse, il problema sta per risolversi. Bisogna solo attendere”, commenta il papà di Gabriele.
Roberto De Fazio: “Ecco perché mio figlio è in Cina”
Facciamo un passo indietro, direttamente all’inizio di questa storia. “Nella mia famiglia, da parte di mia moglie e dei miei 4 figli – racconta Roberto -, sono tutti danzatori di balletto. Mia moglie è stata la nostra apripista in Cina. Io lì ho studiato e ho preso una specializzazione in un’accademia cinese. Il mio primo figlio ha lavorato lì un anno. E un anno e mezzo fa il mio secondo figlio, Gabriele, ha avuto un contratto come primo solista nella Kuning Filmharmonic Orchestra“.
“Per un caso fortuito – continua -, mio figlio più grande è tornato a casa il 28 dicembre 2019, gli è scaduto il contratto. Invece la mamma (che lavora lì, ndr) chiese alcuni giorni di ferie alla propria manager per tornare a Roma agli inizi di gennaio. Tuttavia la manager, con grande enfasi e molto coraggio, le ha dato anche un periodo più lungo, fino a quattro settimane. A mia moglie è sembrato molto strano, soprattutto perché in Cina le ferie così larghe sono date solo durante il Capodanno cinese. Così ha chiamato l’ambasciata italiana a Pechino che le ha riferito dell’esistenza di un’epidemia di influenza virale, di cui non preoccuparsi”.

E Gabriele? “Lui era a Roma per discutere col fratello di un progetto in Spagna quando ha ricevuto la telefonata dal proprio datore di lavoro per assicurarsi che tornasse in Cina, in quanto c’era in ballo un importante tournée in Russia e negli Stati Uniti. Purtroppo, però, lui è tornato il giorno in cui è scoppiato il caso coronavirus. Mio figlio ha preso l’ultimo aereo che doveva fare scalo a Wuhan“.
All’aeroporto nessuno ha detto nulla? “I giornalisti lo hanno intervistato – ammette Roberto -. A chi gli chiedeva se fosse preoccupato, lui rispondeva che le persone in Cina lo avevano tranquillizzato, che il rischio era ampiamente calcolato. Invece, una volta salito sull’aereo, prima del decollo hanno avvertito che non si sarebbe fatto scalo a Wuhan, ma il volo avrebbe continuato per altre 6 ore verso Canton“.
Il racconto potrebbe concludersi qui, con uno scalo a Canton. Tuttavia, in questa città cinese, succede qualcosa. All’improvviso, infatti, “una task force di uomini vestiti di bianco ha portato via una signora. Dopo poco, c’è stato il cessato allarme, che era solo un caso di influenza. Hanno fatto scendere tutti e hanno continuato il tragitto”. Fino a Kunming, dove Gabriele De Fazio ha constato la gravità della situazione. “Era tutto chiuso, era difficile trovare viveri, mio figlio non riusciva più a mettersi in contatto con il proprio datore di lavoro”.
La vita di Gabriele De Fazio a Kunming, tra quarantena e poche finanze
Così, ora (tra l’11 e il 12 febbraio 2020, ndr), Gabriele è bloccato in quaranta a Kunming. Mentre, “gran parte della compagnia era già tornata nelle proprie case”, sottolinea Roberto. In tutto ciò, tra problemi economici di una certa entità: “Doveva ancora ricevere due stipendi arretrati e, come da contratto, il biglietto aereo di ritorno l’avrebbe dovuto pagare il datore di lavoro. Invece neanche quello, ha dato solo una cifra ridicola di 200/250 euro per i viveri”.
Il ritorno in Cina di Gabriele non è avvenuto solo per questioni lavorative, ma anche per vita privata. “Lui – ci spiega ancora il papà – non vuole lasciare da sola la sua compagna in Cina”. Che, però, è serba, e quindi deve fare riferimento a un’altra ambasciata. Sembra comunque che ci sia speranza: “Si sta cercando di capire se ci sia una tratta sicura per la Malesia anche per lei”. Tuttavia, Roberto è titubante su questa soluzione: “Ci sono stati tre ricercatori italiani che, per andarsene, sono stati prelevati alla dogana di Taiwan e messi in quarantena in un ospedale per le malattie infettive, che sai quando entri ma non sai quando esci, e soprattutto se esci. Io non voglio avere un rischio del genere per mio figlio e la sua compagna. Ciò che noi vogliamo è un corridoio sicuro“.
Il papà: “Gabriele? Ha il morale alto”
In tutto ciò, Gabriele non si abbatte. In un recente post su Facebook, ha ironizzato sul fatto di trovarsi spesso in situazioni mediatiche complesse. Ad esempio, era in Egitto allo scoppio del caso Regeni. E, infatti, come ci svela Roberto, il morale del giovane è alto. “Anche se ovviamente, dovendo fare un concorso internazionale importante… Non voglio fare paragoni blasfemi, ma è come se uno tiene chiuso un mese Cristiano Ronaldo dentro una camera per poi fargli giocare la finale di Champions League. Non sarà in condizioni tali da affrontare questo concorso. È costretto a esercitarsi attaccato al divano e al letto per non perdere tono muscolare. Oltretutto ora è costretto a mangiare cibo in scatola, quello fresco scarseggia ed è rischioso”.

Alcuni hater in Italia hanno augurato la morte a Gabriele
Come se non bastasse, il vecchio adagio dell’odio online si è fatto vivo. L’indomani dello scoppio del caso De Fazio, diversi sono stati i commenti d’odio riversati a Gabriele. “C’è una grande percentuale di imbecilli che gli ha scritto cose tipo ‘Sei andato a lavorare in Cina, adesso muorice’. Oppure, ‘Potevi controllarlo il tuo datore di lavoro’, come se il coronavirus l’avesse lui o come se non lo pagasse mai, ma non è vero”, sottolinea il padre.
Infine, anche Roberto ha dovuto affrontare casi eclatanti che hanno influito sul suo lavoro. “Io sono operatore olistico, e proprio oggi (11 febbraio 2020, ndr) una persona mi ha chiesto un certificato nel quale risulta che mia moglie fosse sana. Pazzesco. Comincio a capire come si innescano dei meccanismi che, ahimè, forse abbiamo dimenticato. Ho perso circa il 70% del lavoro da quando si è saputo che mia moglie è tornata dalla Cina. Ma, onestamente, preferisco di gran lunga che lei sia qui a casa con me”.
Articolo di Angelo Andrea Vegliante