L’Amministrazione Centrale Tibetana
Tra il 1949 e il 1950, i cinesi occuparono le regioni orientali del Tibet travolgendo la debole resistenza dell’esercito tibetano, poco numeroso e male armato. Il 23 maggio 1951, Pechino impose con la forza “l’Accordo in 17 Punti per la Pacifica Liberazione del Tibet” che sanciva la fine dell’indipendenza del Paese pur nel riconoscimento della sua autonomia. Negli anni che seguirono, l’Esercito di Liberazione arrivò fino a Lhasa dove, il 10 marzo 1959, l’insurrezione popolare dei tibetani fu stroncata nel sangue.
Il Dalai Lama, seguito da 80.000 tibetani, scelse la via dell’esilio e, nella notte del 17 marzo, lasciò il Palazzo del Norbulinka, dirigendosi verso l’India attraverso le montagne himalayane. Accolto dal Premier Nehru, che gli assicurò il sostegno del suo governo, il Dalai Lama e il governo tibetano in esilio furono ospitati dapprima a Mussorie, una località montana nello stato dell’Uttar Pradesh. Nel maggio 1960, il governo tibetano in esilio, con il nome di “Amministrazione Centrale Tibetana”, fissò la sua sede a Dharamsala, nell’Himachal Pradesh.
Il popolo tibetano, all’interno e al di fuori del Tibet, considera l’Amministrazione Centrale Tibetana (CTA) il suo unico e legittimo governo., riconosciuto in quanto tale anche da parte dei parlamenti e dell’opinione pubblica di tutto il mondo.
L’Amministrazione Centrale Tibetana si adoperò immediatamente non solo per garantire ai profughi alloggio, istruzione e autosostentamento ma anche per porre le basi di un sistema democratico in grado di funzionare in un futuro Tibet libero. Il 2 settembre 1960 venne istituito un Parlamento, denominato Commissione dei Deputati del Popolo Tibetano, che gradualmente si trasformò in un autentico potere legislativo: l’Assemblea dei Deputati del Popolo Tibetano.
Nel 1990, il Dalai Lama, proseguendo nel processo di democratizzazione delle istituzioni tibetane in esilio, portò a 46 il numero dei deputati componenti l’Assemblea alla quale fu dato potere di eleggere il “Kashag”, il Consiglio dei Ministri. All’Assemblea legislativa fu affiancata la Commissione di Giustizia. La nuova Assemblea emanò una Costituzione denominata “Carta dei Tibetani in Esilio”.
Nel 2001, con un emendamento alla Costituzione, l’Assemblea dei Deputati del Popolo Tibetano votò a favore dell’elezione diretta del Primo Ministro (il “Kalon Tripa”, la più alta autorità dell’esecutivo) da parte dei tibetani in esilio. A sua volta il Primo Ministro designa i candidati responsabili dei vari ministeri la cui nomina deve essere approvata dal Parlamento. Il primo “Kalon Tripa”eletto direttamente dal popolo è l’attuale Primo Ministro, il professor Samdhong Rinpoche. Il cui mandato scade nel marzo 2011.
L’Amministrazione Centrale Tibetana svolge oggi tutte le funzioni di un autentico governo democratico. Ciononostante, non è destinata a governare in un futuro Tibet libero. Nelle sue “Linee Guida per la Futura Politica del Tibet e Principali Aspetti della sua Costituzione”, il Dalai Lama ha stabilito che l’attuale governo in esilio si scioglierà nel momento in cui il Tibet avrà ottenuto la propria libertà. Saranno i tibetani residenti all’interno del paese, in un primo momento guidato da un governo ad interim, a scegliere i propri rappresentanti. Il Dalai Lama ha inoltre più volte espresso la propria intenzione di non voler ricoprire alcuna carica all’interno di un Tibet libero, ma di voler essere soltanto un semplice monaco (1).
Nel mese di marzo 2011 – 52° anniversario dell’Occupazione di Lhasa – il Dalai Lama ha annunciato di voler trasferire il Suo potere Temporale a un esponente democraticamente eletto, mantenendo quello spirituale. La Sua decisione, sebbene ampiamente motivata, non è stata, inizialmente, accolta per il parere contrario espresso da molti parlamentari.
La decisione, però, è il compimento di un percorso iniziato decenni fa. “Fin dagli anni Sessanta ho sottolineato che i tibetani hanno bisogno di un leader, eletto liberamente dal popolo, a cui io possa affidare il potere”, ha detto Tenzin Gyatso nel suo annuale discorso per ricordare la sollevazione tibetana del 1959 contro il regime cinese.
Un processo lungo e difficile, per citare il premier tibetano, che si è concluso nel marzo 2008, quando fra i tre candidati (Lobsang Sangey, Tenzin Namgyal Tethong e Tashi Wangdi) Lobsang Sangay ha vinto le elezioni, succedendo al settantunenne Primo Ministro Samdhong Rinpoche. Lobsang Sangay, laureato ad Harward, in qualità di Primo Ministro e capo del Governo Tibetano in Esilio, ha assunto il Potere Temporale, per la prima volta nella storia del Tibet, il potere Temporale.
Il Dalai Lama continuerà a essere la guida spirituale dei tibetani. Ma la sua futura reincarnazione è già al centro dell’attenzione di Pechino che negli ultimi mesi ha varato nuove norme secondo cui il bambino in cui trasmigrerà l’anima dell’Oceano di Saggezza dovrà essere per legge riconosciuto all’interno del territorio cinese attraverso organi controllati dal Partito comunista. Potrebbe così aprirsi una nuova controversia tra Dharamsala e Pechino, come già successo nel 1995 per il riconoscimento del Panchen Lama, seconda autorità tibetana (2).
La Costituzione
La Carta dei Tibetani in Esilio è la legge suprema che governa le funzioni dell’Amministrazione Centrale Tibetana. E’ stata elaborata dal Comitato di Redazione della Costituzione e sottoposta all’approvazione dell’Assemblea dei Deputati del Popolo Tibetano che l’ha adottata il 14 giugno 1991. La Carta fa propri i principi della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e garantisce a tutti i tibetani l’uguaglianza di fronte alla giustizia nonché il godimento di tutti i diritti e le libertà, senza discriminazione di sesso, religione, razza, lingua o appartenenza sociale. La Carta garantisce inoltre la separazione dei tre organi di governo, l’esecutivo, il legislativo e i giudiziario.
Prima che la Carta Costituzionale entrasse in vigore, l’Amministrazione Centrale Tibetana aveva governato sulla base delle direttive del Progetto di Costituzione Democratica per il Futuro Tibet, promulgata da Sua Santità il Dalai Lama il 10 marzo 1963. Il Dalai Lama ha nuovamente delineato la sua visione politica della futura democrazia tibetana in un documento del 24 febbraio 1992 nel quale, tra l’altro, rende noto di non voler svolgere alcun incarico politico all’interno di un futuro governo tibetano (1).
Il Potere Giudiziario
La Suprema Commissione Tibetana di Giustizia è il maggiore organo giudiziario dell’Amministrazione Centrale Tibetana. Secondo quanto stabilito dalla Carta Costituzionale, la Commissione è competente a giudicare in merito a tutte le dispute civili all’interno delle comunità tibetane ad eccezione dei casi in cui un suo intervento sarebbe contrario alle leggi del pese ospitante. (ad esempio i casi di criminalità).
La Suprema Commissione di Giustizia è presieduta dal Commissario Supremo di Giustizia affiancato da due Commissari a latere. L’intero direttivo è nominato dal Dalai Lama ma necessita dell’approvazione dell’Assemblea che può altresì chiedere che vengano sospesi dal loro incarico prima della scadenza del loro mandato (il compimento del 65° anno di età) nel caso in cui i due terzi dei componenti l’Assemblea ritengano che siano venuti a mancare i necessari requisiti di affidabilità professionale. I tre Commissari hanno uguali poteri e responsabilità: il Commissario Supremo figura come capo della Commissione.
L’amministrazione della giustizia prevede tre ordini di apparati. Al vertice vi è la Suprema Commissione di Giustizia. Seguono le Commissioni di Circoscrizione (in numero di cinque, a copertura delle sei diverse zone territoriali in cui le comunità tibetane in esilio sono suddivise) e le Commissioni Locali (sessantadue, distribuite nei più importanti insediamenti tibetani) (1).
Il Potere Legislativo
L’Assemblea dei Deputati del Popolo Tibetano è il massimo organismo legislativo della comunità dei rifugiati. E’ stata istituita nel 1960. Democraticamente eletta, l’Assemblea è una delle più importanti innovazioni introdotte dal Dalai Lama. E’ composta dia 46 membri in rappresentanza delle tre province tradizionali tibetane (U-Tsang, Kham e Amdo), ognuna delle quali elegge dieci propri rappresentanti, e delle quattro scuole del Buddismo tibetano (compresa l’antica tradizione Bon), che designano ognuna due rappresentanti. Tre deputati sono eletti dai tibetani residenti in occidente (due per l’Europa e uno per l’America del Nord). Inoltre il Dalai Lama nomina direttamente tre membri scelti tra eminenti personalità del nel campo dell’arte, delle scienze, della letteratura e del servizio per la comunità.
L’Assemblea dei Deputati del Popolo Tibetano è capeggiata da un presidente e da un vicepresidente che i deputati eleggono tra loro stessi. Tutti i tibetani che abbiano compiuto i venticinque anni hanno il diritto di contestare le elezioni dell’Assemblea. Le elezioni hanno luogo ogni cinque anni e hanno diritto di voto tutti i tibetani che abbiano compiuto i diciotto anni. L’Assemblea si riunisce due volte l’anno, con un intervallo di sei mesi tra ogni sessione. Tuttavia il Dalai Lama, in caso di situazioni di urgenza nazionale, può convocare delle riunioni straordinarie. Quando l’Assemblea non è in sessione, è in carica un comitato permanente di dodici membri: due membri in rappresentanza di ogni provincia, un membro di ogni scuola religiosa e un membro scelto direttamente da Sua Santità (1).
Il Potere Esecutivo
Il Kashag (Gabinetto) è il più importante organo esecutivo dell’Amministrazione Centrale Tibetana e i Ministri ne sono i membri. La Carta dei Tibetani in Esilio stabilisce che il Kashag debba avere un massimo di otto componenti, compreso il Kalon Tripa che è il capo dell’Esecutivo della CTA.
Nell’aprile 2001, il Parlamento Tibetano, su proposta del Dalai Lama, approvò un emendamento della Carta Costituzionale per consentire l’elezione diretta del Kalon Tripa da parte del popolo tibetano. L’emendamento prevede una prima tornata elettorale per la designazione di sei candidati e una seconda per la scelta di uno di loro alla presidenza. A sua volta, il Kalon Tripa eletto sottomette al Parlamento la lista dei candidati alla carica di Ministro. I candidati la cui nomina è approvata dalla maggioranza del Parlamento sono eletti “Kalon” (Ministri) e affiancano il Kalon Tripa nella gestione del Kashag.
Il Kashag si avvale dei servizi di un Segretariato e di un Consiglio. Il primo ha funzioni di segreteria e logistica; il secondo è un organo consultivo in materia di sviluppo socio-economico (1).
Dal Kashag dipendono i seguenti Dipartimenti o Ministeri:
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Dipartimento della Religione e Cultura
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Dipartimento dell’Interno
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Dipartimento delle Finanze
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Dipartimento dell’Educazione
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Dipartimento della Sicurezza
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Dipartimento delle Informazioni e delle Relazioni Internazionali
1. http://www.italiatibet.org/index.php?option=com_content&view=article&id=72&Itemid=86
2. http://cindia.blogosfere.it/2011/03/se-il-dalai-lama-lascia-politica.html